giovedì 28 ottobre 2010

Archiviata la denuncia di un trentenne accusato di stupro: la calunniatrice rischia l'imputazione

28 ottobre 2010 — Si è conclusa dopo più di due anni, col decreto di archiviazione del GIP del tribunale di Ravenna su richiesta del Pubblico Ministero Roberto Ceroni, la vicenda giudiziaria di un operaio rumeno trentenne.

L’uomo, incensurato, era finito in carcere per una settimana nell’estate del 2008 quando una diciannovenne sua connazionale si era recata dai carabinieri accusandolo di stupro. La giovane aveva raccontato di essere stata avvicinata fuori da una discoteca della Riviera ravennate dal trentenne mai visto prima che dopo averle dato un passaggio in auto, l’aveva costretta a salire in casa sua dove aveva abusato di lei per l’intera notte. Nel concludere la sua storia la giovane che si era recata in lacrime dai militari aveva detto di essere riuscita a liberarsi solo la mattina successiva.

Sin dall’interrogatorio di garanzia, era stata però diversa la versione dell’uomo che aveva parlato di gelosia da parte della ragazza nei confronti della compagna ufficiale. Per dare maggior solidità alle sue affermazioni aveva raccontato la sua abitudine di riprendere di nascosto alcuni dei suoi rapporti intimi. La videocassetta che mostrava il rapporto per lo più consenziente tra i due era stata prodotta dal suo difensore agli inquirenti e il giudice aveva disposto la revoca della custodia cautelare. L’uomo ora si trova in patria, mentre la giovane rischia di essere accusata di calunnia.

lunedì 25 ottobre 2010

Continua la ridicolizzazione delle vittime dei falsi stupri: condannata a 60 ore di servizio in comunità con pena sospesa per aver inscenato una violenza sessuale

25 ottobre 2010, Olanda — Una 17enne è stata condannata a 60 ore di servizio in comunità (pena sospesa) per aver falsamente dichiarato di essere stata drogata, stuprata e messa incinta da un suo ex ragazzo, che per questo ha trascorso quattro giorni in carcere.

martedì 19 ottobre 2010

Uccide il marito e resta libera. Impunità per le donne assassine

Abano Terme, 18 ottobre 2010 — Ha passato ben tre giorni in clinica in stato di fermo, prima che il gip donna Sonia Bello decidesse di rimettere la sua sodale in libertà. Neanche gli arresti domiciliari per la donna che ha ucciso il marito simulando un omicidio-suicidio al quale lei ovviamente è sopravvissuta. E così Loretta Santinello può tranquillamente tornarsene alle sue attività come se non avesse fatto nulla. C'è da chiedersi se il gip donna Sonia Bello avrebbe fatto lo stesso nel caso di un uomo che uccide la propria moglie, se anche in quel caso avrebbe ritenuto insussistenti il pericolo di fuga e di inquinamento delle prove: a quanto pare, questi requisiti sussistono solo nel caso in cui l'indagato sia uomo, come ad esempio nel recente avvenimento della rissa alla metropolitana.

Insomma, morale della favola: signori uomini, vostra moglie vi può ammazzare tranquillamente, tanto sa che al massimo si farà qualche giorno in clinica psichiatrica e poi via, libera come l'aria. Ma non vi venga in mente di fare lo stesso con lei. Voi da uomini vi prendereste l'ergastolo. Ma veniamo ai fatti.

La signora Santinello avrebbe ucciso il marito Paolo Varotto somministrandogli un cocktail letale di psicofarmaci, prima di costruire la messinscena del suicidio. Si sarebbe recata con il marito, in automobile, in un posto isolato e poi con una sistola in gomma avrebbe collegato l'abitacolo con il tubo di scappamento. Ma dalle cartelle cliniche, risulta che la donna non abbia mai respirato monossido di carbonio. Intanto, anche il figlio della coppia Mauro Varotto è stato arrestato per possesso di droga, e portato in carcere. Lui. Naturalmente, mica è una donna.

domenica 10 ottobre 2010

Madre nasconde la figlia appena partorita in lavatrice rischiando di ucciderla: arrestato il marito

9 ottobre 2010, Mantova — Ha partorito una bimba e l'ha nascosta nella lavatrice, tra i panni sporchi. Dopo che la donna, Mihaela Cristea, rumena di 32 anni, si è sentita male, il marito ha chiamato i soccorsi: i medici, appena arrivati in casa, hanno subito capito che la donna aveva appena partorito e così hanno chiamato i carabinieri. La piccola ora è ricoverata nel reparto di Patologia neonatale dell'ospedale di Mantova ma sta bene. Naturalmente le forze dell'ordine hanno arrestato solo il padre, Viorel Cristea di 41 anni, che adesso si trova in carcere. La donna invece si trova in ospedale.

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venerdì 8 ottobre 2010

Mi picchiava e l'ho colpito. Parla la donna accusata di aver ucciso il marito

7 ottobre 2010, Rovereto (Trento) — «Mi picchiava e l'ho colpito». Queste le parole di Simonetta Agostini, la donna accusata di aver ucciso il marito Paolo Scrinzi al culmine di una lite con una coltellata al fianco. Inizialmente aveva raccontato che l'uomo si era sdraiato in camera da letto, che lei l'aveva raggiunto e che lo aveva colpito; ma adesso, a mente fredda, probabilmente anche consigliata dal suo avvocato, ha cambiato versione. Si insomma, sei una donna: basta che racconti che ti stavi difendendo dal marito violento e sei a posto, come da copione. Tu fuori di galera come se non fosse successo nulla e l'uomo al cimitero, dove merita del resto perché era un violento. Hanno sempre la scusa pronta. Loro. Ecco perché le carceri femminili son vuote.

La Agostini, nella sua nuova rielaborazione, ha raccontato che l'uomo l'ha trascinata con la forza in camera da letto; nel tragitto però, la donna sarebbe riuscita ad afferrare un coltello. Naturalmente per difendersi dal marito violento e cattivo che altrimenti l'avrebbe sicuramente uccisa. Nel momento in cui erano finiti sopra il letto, lei si era trovata a cadere sopra di lui e in quel momento lo avrebbe colpito, senza alcuna intenzione di ucciderlo, con quell'unica coltellata risultata fatale. Una legittima difesa insomma, quella di aver afferrato il coltello, e ciò che è successo dopo è stato accidentale. Insomma, alla fine è sempre colpa dell'uomo; sia mai che una donna uccida freddamente, quando si è mai sentito. Del resto, le omicide sono tutte malate, o sono state costrette ad uccidere per legittima difesa. E questo lo sanno bene gli avvocati, che a mali estremi chiedono sempre la perizia psichiatrica per le loro assistite. Pure per quella che ha ucciso il marito con lo scopo di prendersi l'eredità. Del resto, in tribunale è un trucco che a quanto pare funziona benissimo quando non si riesce proprio a far passare la donna come vittima del cattivone di turno.

giovedì 7 ottobre 2010

Donna violenta suo figlio: secondo la procura, il colpevole è il marito

7 ottobre 2010, Sydney — Segnaliamo un fatto che ha del sensazionale: in questo articolo si parla di una madre accusata di aver commesso atti di violenza sessuale sul figlio sotto la supervisione del marito che in qualche modo "dirigeva" i giochi sessuali. L'incredibile sta nell'arringa fatta dalla procura: il pm ha infatti sottolineato che
the woman played a less significant role in the offending than her husband, who was "the instigator of the dysfunctional family unit''. (The woman was) playing a role subordinate to that of her husband who was really the instigator and director of what was occurring
ossia, che la donna avrebbe avuto nella vicenda un ruolo molto meno importante rispetto a quello del marito, riconoscendo in quest'ultimo il reale istigatore della violenza. In buona sostanza: in questo caso, in cui la donna assume il ruolo di esecutore materiale del reato, il concorso viene visto come più grave rispetto al reato stesso. Avete capito come ragionano le procure?

mercoledì 6 ottobre 2010

Diciannovenne accusato di violenza su una ragazzina, assolto perché il fatto non sussiste

5 ottobre 2010, Cremona — Accusato di aver violentato nei giardinetti sotto casa una ragazzina ivoriana di 18 anni, un diciannovenne connazionale è stato assolto «perché il fatto non sussiste». «Non ritengo che la denuncia presentata dalla ragazza sia falsa, ma non ci sono elementi di prova», aveva osservato lo stesso pubblico ministero Francesco Messina, durante la requisitoria culminata nella richiesta di assoluzione.

In vena di raccontare menzogne invece, confidando probabilmente nell’ignoranza giuridica dell’audience, l’avvocatessa della 18enne Elena Pisati «Vorrei che si evidenziasse il fatto che l’imputato è stato assolto, perché non è stata raggiunta la prova e che il pubblico ministero, nella requisitoria, ha comunque evidenziato come non ritenesse falsa la denuncia della mia assistita». Dall’articolo si evince invece che il pubblico ministero ha sì sollecitato l’assoluzione per mancanza di prove, ma anche che la corte ha emesso un verdetto di non colpevolezza ripetiamolo perché il fatto non sussiste, cioè non con formula dubitativa ma con formula affermativa: non ci sono state violenze. Ergo la giovane ha mentito, secondo i giudici. Ma passiamo ai fatti.

Nella denuncia, la diciottenne raccontò che il 21 maggio del 2007 l’imputato «ci provò», mentre la stava accompagnando a casa dopo una serata trascorsa con amici. «Ha infilato una mano sotto il body e mi ha toccato il seno. Mi ha strattonato, mi ha fatto cadere, mi ha fatto rialzare e poi mi ha trascinato nel retro del condominio», denuncerà la ragazza, che prima di rincasare, raccontò di essere rimasta in lacrime per trenta minuti sul pianerottolo e, una volta entrata in casa, di essersi infilata sotto la doccia.

martedì 5 ottobre 2010

Imputato di violenza sessuale nei confronti della figlia, assolto

5 ottobre 2010, Palermo — La quarta sezione della Corte d’appello di Palermo ha confermato l’assoluzione di un funzionario di banca di 50 anni, imputato di violenza sessuale nei confronti della figlia che, all’epoca dei fatti, risalenti al 1998, aveva due anni e sette mesi. L’uomo era stato denunciato dai nonni della piccola, che avevano anche registrato un video in cui la bimba ripeteva le accuse contro il papà. Il video, però, non è apparso genuino né al tribunale né, oggi alla Corte d’appello: la nonna infatti avrebbe cercato di orientare le dichiarazioni della bimba.

Accusato di stupro dalla ex moglie, assolto al processo

5 ottobre 2010, Avezzano — Un uomo accusato di stupro dalla ex moglie è stato assolto: il giudice l’ha condannato solo a tre mesi per violazione di domicilio. M. O. è stato accusato dalla ex moglie di essere entrato forzatamente nella sua abitazione e di averla violentata; a sostegno di questa versione, la donna ha presentato ai Carabinieri una registrazione telefonica tra i due in cui l’uomo si scusava per il gesto violento.

Il neuropsichiatra ha però sottolineato in sede di dibattimento la sudditanza di M. O. nei confronti della moglie, e come per questo motivo la telefonata potesse essere interpretata come un semplice gesto di accondiscendenza da parte dell’uomo alle richieste di scuse della donna. Da qui l’assoluzione.

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  • Un po’ di sano humour: http://femminismo-a-sud.noblogs.org/post/2010/10/05/se-lo-stupro-sulla-ex-viene-definito-un-tentativo-di-riconciliazione/. Notare come venga presupposto il fatto che il marito abbia effettivamente stuprato la donna (sai che novità, lo fanno con qualunque uomo, visto che li odiano visceralmente) e non si prenda minimamente in considerazione l'ipotesi che la signora se lo sia inventato di sana pianta.

domenica 3 ottobre 2010

La storia di Lee Trundle, accusato falsamente di stupro

Riportiamo la traduzione di una storia apparsa su Wales Online

Per le sue magie con i Swansea e i Wrexham, Lee Trundle è diventato un eroe del football tra migliaia di fans gallesi. Ma in questo estratto del suo nuovo libro, Non solo trucchi, il giocatore di Liverpool parla per la prima volta dei momenti più bui della sua carriera, in particolare di quando ha dovuto affrontare il terrificante calvario di una falsa accusa di stupro
A volte mi capitava al college di farmi fare dei massaggi. Una volta, mentre ero fuori per prendere un appuntamento, incontrai questa ragazza [...] le proposi di incontrarci più tardi e lei accettò. Era una ragazza carina, sembrava abbastanza normale, e il programma era quello di prendersi un paio di drink da me prima di uscire per andare da qualche parte. Ma quando arrivò a casa mia si mise subito a conversare di sesso, parlando apertamente delle sue fantasie, di come le sarebbe piaciuto avere un rapporto a tre – al punto che mi disse di voler invitare una sua compagna per divertirsi un po' con lei. Ci incontrammo il giorno successivo, entrambi avevamo amici con noi, tutti d'accordo che ci saremmo visti da me più tardi. Fu divertente, e quando tornammo la conversazione sul sesso riprese di nuovo, solo che questa volta la ragazza mi suggerì di dormire con la sua amica – e così io feci.
[...]
Abbiamo avuto un match poco tempo dopo, ma quando tornai notai che la porta di ingresso della mia abitazione era stata vandalizzata. Pensai subito a quella ragazza, così la chiamai: mi accorsi che era più interessata a sapere perché non l'avessi più chiamata. Iniziò a piangere, e io cominciai a pensare che non fosse stata lei, che non avrebbe voluto tornare a casa mia se effettivamente fosse stata lei quella che aveva danneggiato il portone. Stupidamente, finimmo per metterci d'accordo per un altro incontro. Ma la mattina successiva, decisi che era meglio non farmi coinvolgere ulteriormente da questa ragazza e di non chiamarla quando le dissi che lo avrei fatto.
Più tardi qualcuno bussò alla porta. Uno dei miei vicini mi disse di aver visto dei ragazzi correr via e che se mi sbrigavo avrei potuto prenderli. C'era vernice bianca sulla mia auto.
Sospettoso, Lee chiamò il padre della ragazza che negò ogni coinvolgimento della figlia. [...] Subito dopo, ricevette una chiamata dalla ragazza.
Risposi al telefono e lei mi disse che se dormivo con lei un'altra volta tutto si sarebbe fermato. Io le dissi di non minacciarmi, ma più tardi lei chiamò ancora, questa volta domandando se ci avevo ripensato. Le risposi esattamente quello che pensavo della sua offerta, ma lei replicò dicendo di essere stata al giornale e che essi avrebbero pubblicato la sua storia.
‘Grosso affare’ dissi ‘così tu avresti dormito con un giocatore della Lega’
‘No’ rispose ‘violentata’ e attaccò.
Quelle parole mi colpirono. Non ci può essere niente di peggio che essere accusati di stupro quando sai di non aver fatto nulla.
[...]
Il furgone della polizia si presentò a casa sua alle 3 di notte, poche ore prima di una partita che Lee voleva disperatamente giocare.
Mi misero le manette appena arrivai alla stazione [...] impronte digitali, foto segnaletica e poi in cella. [...] La notte precedente il più grande match della mia vita e non riuscivo a dormire. Anche se fosse stato un hotel a cinque stelle non sarei riuscito a dormire; onestamente pensavo che sarei impazzito.
La paura di non sapere cosa stesse accadendo mi divorava. Volevo urlare ma non potevo perché la mia mente correva troppo. Volevo essere arrabbiato ma non ne avevo le forze. Non avevo fatto niente, non c'era alcun motivo di essere spaventato. Ma i pensieri mi assillavano. ‘Non ho fatto niente di sbagliato, ma loro mi crederanno? Ho detto loro cosa è successo ma sono ancora in questa cella’. Mi sentivo male a pensare che qualcuno potesse credere avessi fatto quello di cui lei mi accusava. Il fatto era – non poter parlare con nessuno; avere qualcuno che ti accusa di essere uno stupratore era un inferno.
Mi lessero le accuse – non sapevo che dire. Avevo perso il conto delle volte che cadevo dalle nuvole, incredulo alle accuse che lei mi muoveva. Molte cose erano solo false, come che noi ci vedevamo da più di un mese, che io ero diventato aggressivo perché lei non mi prendeva sul serio, che sono andato a casa sua minacciando di ucciderla e che, alla fine, l'ho stuprata e segregata nella mia casa.
[...] Avevo perduto il più grande momento della mia carriera per qualcosa che non avevo fatto. [...]
Alla fine, la polizia venne e mi disse che non avrebbero indagato ulteriormente. Lei aveva ritirato le accuse. Come fosse stato possibile non lo sapevo, se le fossero venuti dei sensi di colpa per rimangiarsi tutte quelle bugie – non lo sapevo, non mi importava. Tutto quello che mi importava era che le accuse erano sparite.
Dopo due settimane, mentre attraversavo Liverpool la vidi al lato della strada. Lei mi vide e mi rise in faccia. Mi fece rivoltare lo stomaco.
Mi domando se lei si sia mai chiesta di ciò che mi ha fatto, di come abbia ancora la paura che mia figlia Brooke possa venire a conoscenza da qualche suo amico che suo padre è stato sospettato di aver stuprato qualcuno. Mi domando se abbia realizzato che quello che ha fatto non potrà mai essere cancellato, che ogni volta che io incontro qualcuno nella mia vita, qualcuno con cui voglio instaurare un rapporto, devo ripensare a tutta la storia e raccontargliela piuttosto che preoccuparmi che egli possa udirla prima da qualcun altro e pensar male di me. Lo sporco puzza, non importa quanto pulito tu possa essere. Ci sono ancora adesso persone che conoscono solo metà della storia. Ancora adesso la gente pensa che io abbia abbandonato Liverpool per quello che è successo, perché avevo dei problemi e non potevo più stare lì. Potete crederci? Che io non posso più vivere nella zona in cui sono cresciuto, dove sono nato, che sono stato obbligato ad andar via dalla mia stessa casa?

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  • Video su youtube (la storia raccontata da una voce artificiale)

sabato 2 ottobre 2010

Violenza sessuale di Cetara. Probabilmente un'invenzione della ragazzina per giustificare le assenze da scuola: scarcerati gli accusati

2 ottobre 2010, Cetara (Salerno) — Ritornano in libertà, dopo otto mesi di reclusione, i tre uomini di Cetara in costiera amalfitana accusati di aver violentato, per sette anni, una bambina ora quattordicenne. Il tribunale del Riesame, infatti, ha accolto il ricorso presentato dai legali del padre, del fratello e del vicino di casa della ragazzina. Dopo che la Cassazione aveva annullato la precedente sentenza con la quale si rigettava la richiesta di remissione in libertà per i tre indagati, il nuovo collegio giudicante, presieduto da Massimo Palumbo, ha ritenuto fondate le argomentazioni addotte dalla difesa e ha scarcerato gli imputati.

La difesa ha puntato, documenti alla mano, a dimostrare l’infondatezza e l’inattendibilità delle accuse dell’adolescente. Decisivo un certificato medico, rilasciato dalla Asl, con il quale è stata attestata l’illibatezza della cugina, tirata in ballo tante volte nelle testimonianze dell’accusatrice che, nelle varie deposizioni verbalizzate, avrebbe evidenziato come anche lei fosse stata spesso vittima dei giochi sessuali. Importante anche l'inclusione tra gli atti del libretto scolastico delle giustificazioni, contenente molte firme falsificate della mamma, per motivare le continue assenze da scuola.

Un cambio di direzione netto e repentino rispetto alla precedente decisione, dunque, con la quale era stata confermata la detenzione preventiva. L'accusa del resto fino ad ora si sarebbe basata essenzialmente solo sulle dichiarazioni rilasciate, e confermate nel corso dell’incidente probatorio, dalla ragazzina, anche perché, a quanto pare, non sarebbero state trovate ulteriori prove, né video e neppure audio, che confermerebbero le violenze subite. Ad esempio, nonostante il cellulare della madre della 14enne fosse stato messo sotto controllo dall’aprile scorso, non sarebbero mai stati riscontrati dialoghi compromettenti.

venerdì 1 ottobre 2010

Padre a processo per abusi sessuali sul figlio: assolto. Il bambino era affetto da PAS

30 settembre 2010, Pordenone — Un padre finisce a processo con accuse terribili e infamanti: il sospetto è che abbia abusato sessualmente del figlio. Tutto si fonda sulle dichiarazioni del bambino, che all’epoca aveva 7 anni, e del fratellino di 4, che racconta agli inquirenti di aver subito punizioni durissime. Erano tutte bugie. E per dimostrarlo ci è voluto una sorta di "test della verità", la cosiddetta validation, uno strumento scientifico di recente introduzione che valuta l’attendibilità dei minori che sostengono di essere stati vittime di abusi sessuali. Sullo sfondo di questa drammatica vicenda familiare c’è una separazione conflittuale tra coniugi. La moglie trova un nuovo compagno, si trasferisce con i figli a 300 chilometri di distanza e il padre fa istanza al Tribunale di modifica delle condizioni di divorzio. Da quel momento la situazione precipita. Un giorno la madre chiama Telefono Azzurro e riferisce delle molestie sessuali subite dal figlio maggiore. Viene interessata la Questura e nell’aprile 2008 la Procura allontana i bambini dal papà, che non li vede da due anni e mezzo. Per il presunto padre-orco si chiede il rinvio a giudizio. La difesa ottiene di celebrare il processo in udienza preliminare, con un rito abbreviato condizionato: vuole raccogliere le testimonianze della maestra, dell’assistente sociale e del proprio consulente tecnico, che ha concluso la sua perizia sostenendo che il piccolo è affetto da una gravissima forma di Pas, la sindrome da alienazione parentale che lo spingerebbe ad accusare il padre. Il giudice inserisce le testimonianze di altri familiari: tutti negano gli abusi e i maltrattamenti nei confronti del bambino di 4 anni. Le contraddizioni sono tante, al punto da spingere il giudice a rivolgersi al dottor Luca Sammicheli dell’Università di Bologna affinché esegua una validation, il "test della verità" che ieri ha scagionato il padre.