sabato 10 aprile 2010

La cortina di pizzo

Presentiamo qui due articoli, entrambi riguardanti raptus occorsi in persone adulte e che hanno portato a grandi sofferenze. Nel primo si parla di un padre, Julien Monnet, responsabile di aver sbattuto ripetutamente la testa della figlia sul marmo dell'altare della patria a Roma in un evidente raptus di follia; si trattava di una persona in cura e che era stato abbandonato insieme alla figlia dalla moglie, partita per una vacanza in Turchia. Monnet si era inspiegabilmente allontanato da casa alla volta di Roma, dove è avvenuta la tragedia. Immediatamente tradotto in cella di isolamento a Regina Coeli, dove si trova tuttora in attesa di giudizio, ha dovuto subire il linciaggio mediatico e l'odio della gente prima che il fatto cadesse nel dimenticatoio.
Roma, 20 luglio 2008 - Ha ridotto in fin di vita la figlia di quattro anni picchiandola selvaggiamente. Un francese di 37 anni, Julien Monnet, ha colpito la piccola, facendole sbattere la testa, per tre volte, sul marmo all'esterno del monumento ai caduti, all'Altare della Patria. Erano le 23.30. Sono intervenuti immediatamente i vigili urbani e i carabinieri che hanno bloccato l'uomo. L'uomo è stato arrestato con l'accusa di tentato omicidio.
La bambina è stata ricoverata all'ospedale Bambino Gesù e sottoposta ad intervento neurochirurgico. È in stato di coma post operatorio. Le sue condizioni sono apparse subito gravi: i violenti colpi ricevuti dal padre le hanno provocato un profondo trauma cranico.
Secondo una prima ricostruzione, alcuni passanti hanno notato il comportamento anomalo dell'uomo, che strattonava la bimba. L'hanno seguito da via del Corso fino a Piazza Venezia e hanno segnalato tutto ai vigili. Monnet stava male, sembrava ubriaco: a un certo punto ha anche vomitato. Davanti alla domanda di una vigilessa, ha iniziato a picchiare la bambina.
"Ho appena avuto il tempo di chiedere a quell'uomo perché la bambina stesse piangendo così forte... forse ha avuto una reazione spropositata alla vista della divisa. In un attimo, con la mano destra, ha preso per i capelli la piccola e l'ha sbattuta sul marmo. È svenuta, credevo fosse morta" dice Anna Esposito, la vigilessa che è intervenuta.
Sono arrivati subito i carabinieri. Monnet è riuscito in un primo tempo a divincolarsi e ha cominciato a prendere a testate il marmo alla base del monumento così come aveva fatto con la figlia. È stato poi medicato al Fatebenefratelli e trasferito nel carcere di Regina Coeli. In passato ha avuto problemi psichiatrici: per tutta la notte è rimasto in stato confusionale. Ora è sotto sedativi, controllato a vista. Nel suo zaino sono stati trovati psicofarmaci. Monnet ha perso da poco il lavoro: è un tecnico informatico.
Questa mattina è stata rintracciata la madre della piccola, in vacanza in Turchia. La donna è già in viaggio per Roma. Ha detto di non spiegarsi la presenza del convivente nella capitale: doveva trovarsi a Parigi, ne ha parlato come di un uomo malato.
Anna Esposito è andata in ospedale a far visita alla bambina: "Spero si salvi. E cosa le diranno poi? Che suo padre l'ha quasi ammazzata?".
Nel secondo articolo di nuovo un raptus, con la differenza che si sta parlando di una donna. Monica Cabrele, accusata dell'omicidio del figlio. Per lei non il carcere, ma qualche giorno di ricovero in ospedale. Al contrario del precedente, questo articolo verte sullo stato d'animo interiore della donna: la sindrome post parto, la disperazione di una madre depressa che ha perduto il bambino, il periodo difficile che stava vivendo. Si cerca di scaricare la responsabilità sul marito, sugli assistenti sociali, su chi non l'ha aiutata.
Padova, 23 novembre 2009 - «Ci volevamo tutti bene». Così ha esordito Monica Cabrele nell’interrogatorio di domenica sera davanti al pm euganeo Orietta Canova, alla quale ha ammesso le sue responsabilità sull’omicidio del figlio Alessandro di circa 3 anni. L’interrogatorio della donna, durato dalle 20 alle 21 e al quale ha preso parte, tra gli altri, un ufficiale dei carabinieri, è seguito a quello del marito Gianni Bellato, 40 anni, sentito nel pomeriggio dallo stesso magistrato in un ufficio della procura di Padova.
Il pm Canova si è poi spostata, in serata, all’ospedale di Padova, raggiungendo il reparto di psichiatria dove è piantonata Monica Cabrele, 35 anni, alla quale ha contestato l’accusa di omicidio volontario. L’indagata ha risposto alle domande del magistrato, intervallando momenti di pianto a silenzi. La donna, secondo quanto si è appreso, era lucida, conscia di quanto era accaduto e soprattutto delle sue responsabilità in merito alla vicenda. Nel colloquio ha tra l’altro fatto presente che amava moltissimo suo figlio Alessandro, ma non avrebbe saputo spiegare la causa scatenante che l’ha portata al raptus omicida.
Monica Cabrele ha ucciso il figlio di neppure tre anni a coltellate mentre la bambina messa al mondo tre mesi fa dormiva nella stanza accanto e il marito era uscito a comprare delle pizze. In un attimo ha distrutto una famiglia felice e da quel momento non ha detto una parola. Dopo 24 ore passate come in trance, tenuta sotto sedativi in un letto del reparto di Psichiatria dell’ospedale di Padova e piantonata dai carabinieri, Monica Cabrele ha cominciato a farlo davanti al pm Canova.
L'accusa, come detto, è omicidio volontario del figlio. Sabato sera, al rientro a casa, ha trovato il figlio Alessandro morto, tra le braccia della madre, in un lago di sangue. Lei, con lo sguardo pietrificato, ha continuato a tenerlo stretto a sé con ostinazione: ci sono volute quattro ore per convincerla a farsi staccare dal grembo il corpicino. Da quel momento Monica non ha proferito una parola su quello che è accaduto in quella mezz’ora di assenza del marito. Un silenzio che gli inquirenti devono spezzare per capire cosa ha spinto la donna ad avventarsi contro il piccolo con un coltello da cucina, sferrando una decina di colpi: quanti esattamente, sarà l’autopsia a dirlo (è in programma oggi).
Probabilmente è stata una depressione post parto a far esplodere la tragedia, di cui Monica aveva mostrato alcuni segni dopo la nascita della piccola Erika. Lei e il marito Gianni Bellato, 40 anni, avevano accolto con gioia l’arrivo della secondogenita, come stanno a testimoniare i fiocchi rosa ancora appesi alla ringhiera della loro casa di Pieve di Curtarolo. Poi qualcosa deve essersi spezzato dentro di lei. «Negli ultimi tempi era strana, taciturna» ha raccontato il marito agli investigatori. Segni di una sofferenza, che forse è stata sottovalutata, ma che certo non poteva far presagire una tragedia così grande. Sposati da cinque anni, Monica e Gianni erano a detta di tutti una coppia felice. Così li descrivono i parenti, gli amici, i vicini di casa. Lui, titolare insieme al fratello di una piccola azienda di parquet, e lei, infermiera in una Casa di riposo di Carmignano di Brenta, condividevano gli amici, le feste patronali, la vita del paese.
Il piccolo Alessandro andava all’asilo e tutti lo ricordano come un bambino vispo e allegro: un vicino di casa lo ha visto ieri pomeriggio mentre giocava a pallone in giardino. Poche ore dopo il padre lo ha trovato in cucina straziato dalle coltellate sferrate dalla mamma, che dopo averlo ucciso lo ha avvolto in una coperta e si è distesa sul pavimento tenendolo stretto a sé con gli occhi sbarrati e lo sguardo fisso. In pochi minuti la villetta costruita in mezzo alla campagna si è riempita di investigatori, medici e infermieri. «Mia figlia è una brava mamma - dice disperato e incredulo Domenico, il padre di Monica - veniva sempre qui con i bambini, anche ieri è venuta. Non si capisce cosa sia successo». Anche lo zio di Monica non si dà pace: «Quello che è successo è orrendo. Chiediamo a tutti una preghiera per la nostra famiglia».

Nessun commento:

Posta un commento

Puoi utilizzare alcuni tag HTML nel commento: <b></b> o <strong></strong> (per il grassetto), <i></i> o <em></em> (per il corsivo) e <a href=""></a> (per i link). Per aprire una nuova discussione, usa il forum