lunedì 5 aprile 2010

La giustizia del telefono rosa viaggia su due binari: uno per gli uomini, l'altro per le donne

Storie recenti, da esaminare in parallelo con simmetrie al maschile. Questo è quanto ci ha proposto, nelle ultime settimane, la Giustizia italiana in alcuni casi di cronaca "al femminile". Tre episodi di violenza, morte e degrado, che vedono le mamme protagoniste, e i figli vittime.

La prima riguarda la morte del piccolo Alessandro Mathas, ucciso probabilmente dal compagno della madre durante un raptus mentre lei era uscita alla ricerca di cocaina, ben consapevole del suo comportamento violento nei confronti del bambino (lei stessa ha dichiarato che «l’aveva picchiato altre volte»). Non lo accudiva da 12 ore: forse è stato il pianto del piccolo affamato a scatenare la violenza omicida dell'uomo. Ma tant'è, lui è in galera mentre la madre è già libera dopo pochi giorni di carcere. Un caso analogo è stato quello di Elizabethe Petersone e Paolo Arrigo: l'unica differenza è che qui le parti sono invertite. Il bambino secondo la procura sarebbe stato ammazzato di botte dalla madre con il concorso omissivo del compagno, reo di non aver denunciato il fatto. Arrigo tuttavia è stato scarcerato dopo un anno, e si trova tutt'ora agli arresti domiciliari come la madre assassina.

La seconda vicenda di cui vi vogliamo parlare è quella della donna arrestata per sevizie nei confronti del figlio. Dopo un breve periodo di ricovero in ospedale, è stata dimessa e si trova ora a piede libero mentre la vittima è stata confinata in un istituto per evitare contatti con la madre. Inutili le proteste del padre e del fratello che lo reclamano: il Tribunale dei minori ha deciso così per la sua stessa tutela.

La terza è probabilmente quella più sconvolgente: una donna con precedenti (un omicidio volontario con occultamento di cadavere commesso nel 1992 e per il quale ha scontato 10 anni) che lasciava i due figli di 3 e 4 anni chiusi in una stanza al buio in mezzo ai loro escrementi per andare a lavorare in una chat erotica. Quando li hanno tirati fuori, puzzavano e avevano problemi di deambulazione. La madre invece è stata scarcerata dopo l'interrogatorio di garanzia, in cui si è giustificata dicendo che il tenere i figli rinchiusi era solo un evento occasionale. Questo ha convinto il gip a rilasciarla col solo divieto di dimora.

Viene naturale chiedersi cosa sarebbe accaduto qualora i responsabili fossero stati i padri. Per uno di questi casi, almeno, ne abbiamo prova diretta: è ancora dentro, e pare che la sua posizione si vada aggravando sempre di più. Ne eravamo certi. Un uomo si becca il doppio della pena, comunque vada.

1 commento:

  1. In galera ci metterei i giudici. Sono solo degli emeriti incapaci!

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