mercoledì 14 aprile 2010

L'omicidio della piccola Matilda: ad uccidere è stato Cangialosi

Parliamo della vicenda Romani-Cangialosi. Il 2 luglio 2005, la piccola Matilda viene uccisa dopo aver vomitato nel letto: in casa, solo la madre Elena Romani, accorsa a cambiarle le lenzuola, e il compagno Antonio Cangialosi. La signora, per anni l'unica indagata dell'omicidio (si dice dovuto ad un raptus di rabbia), è stata di recente assolta. Fin qui niente di anormale, se non per il fatto che le perizie hanno condotto i giudici a fornire una ricostruzione dell'accaduto che di logico ha ben poco.

Il processo alla Romani si è trasformato sostanzialmente in un procedimento contro Cangialosi, sentenziando la sua colpevolezza nell'omicidio. In pratica i giudici hanno emesso una condanna nei confronti di una persona estranea al procedimento e che, contrariamente alla Romani la quale ha anzi potuto contare su perizie a lei favorevoli, non è neanche comparsa in tribunale per difendersi. Ed è proprio sulla base delle perizie che il tribunale ha emesso il suo verdetto: il colpevole è Cangialosi. Voi come vi sentireste se vi arrivasse a casa la polizia informandovi che siete stati condannati in un processo di cui addirittura ignoravate l'esistenza? Roba da età della pietra. Ma vediamo i dettagli.

Secondo i giudici della corte d'appello, ad uccidere non sarebbe stata la madre (ci mancherebbe altro) infuriata per il fatto che la bambina aveva vomitato e che per anni è stata l'unica indagata, ma il Cangialosi visto che
tutti i dati ora riassunti [provenienti dalle perizie], se vengono posti in sistematica correlazione tra loro, non lasciano spazio ad altra interpretazione se non a quella appunto che [...] il Cangialosi, irritato dal fatto che Matilda si accingeva ad abbandonare la posizione in cui era stata collocata sul divano per andare probabilmente alla ricerca della madre, abbia cercato con brutalità di tenerla ferma premendo un piede (assai più probabilmente che una delle mani) contro la sua schiena con forza tale da provocare le lesioni interne che vennero poi constatate, da procurarle inoltre una sincope pressoché immediata e da farla infine cadere a terra urtando il lato sinistro del corpo contro il pavimento non appena egli interruppe il gesto con cui l'aveva schiacciata con violenza contro il bordo del divano: gesto eseguito con forza talmente sproporzionata e spietata brutalità da causare, dunque, il successivo decesso della persona che aveva offeso
in sostanza, l'uomo avrebbe ammazzato Matilda per impedirle di raggiungere la madre. Questo stando alle perizie successivamente compilate dagli esperti (tutti rigorosamente donne). Poco importa se le carte erano in contraddizione con i fatti rilevati dalla procura, e palesemente artatate e coordinate per raggiungere un unico scopo, cioè gettare la colpa sull'uomo: per il tribunale, la verità è quella che ne discende.

E sempre sulla base delle perizie (e di null'altro) che i giudici hanno chiesto la revoca del non luogo a procedere nei confronti del Cangialosi, inizialmente avanzato dalla procura e poi confermato in Cassazione. Non ci rimane a questo punto che aspettare la sentenza definitiva di terzo grado, sperando almeno in una più sensata assoluzione della Romani con formula dubitativa.

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2 commenti:

  1. E' folle ma cosa dobbiamo fare per difenderci? siamo carne da macello, vendiamola a caro prezzo la nostra vita almeno!

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