martedì 6 luglio 2010

La cortina di pizzo, terza parte

Di nuovo, vorremmo confrontare due casi di infanticidio, il primo dei quali commesso da un uomo e il secondo da una donna. Abbiamo a tal scopo cercato di riportare il giudizio delle persone selezionando due articoli che riteniamo emblematici a riguardo

Ugento (Lecce): la popolazione chiede giustizia dopo l’omicidio del piccolo Stefano

A Torre San Giovanni, località marina nel comune di Ugento, in provincia di Lecce, tutti gli abitanti hanno condannato duramente l’omicidio di Stefano, un bambino di appena due anni, ucciso dal proprio padre. «Speriamo che viva. Deve scontare in carcere ogni giorno della sua vita, macerarsi nei sensi di colpa. Solo così la morte del piccolo Stefano potrà trovare giustizia». È questo lo stato d’animo della popolazione, come ha scritto La Repubblica il giorno dopo l’assassinio compiuto da Giampiero Mele. L’uomo ha infatti ucciso il figlio dopo un litigio con la compagna, con cui i rapporti erano sempre più vicini alla rottura definitiva.

L’efferato omicidio ha destato dunque profonda indignazione nella comunità. Un suo vicino di casa, Adriano Brigante, ha dichiarato a Repubblica: «Non lo incontravo più da anni, ma da piccoli giocavamo insieme a pallone. Non sapevo più nulla di lui, neanche che avesse un figlio ed una compagna, ma non lo avrei mai ritenuto capace di un gesto simile».
Questo riguardava il caso di un padre che ha ucciso il proprio figlio. Il successivo concerne invece l'omicidio di due bambini ad opera della loro madre, attualmente agli arresti domiciliari

Dietro la triste vicenda di Vanessa Lo Porto

Venerdì 23 aprile, con il nostro giornale già in fase di stampa, si è consumata a Gela una delle più terribili tragedie, forse l’unica di questo genere, che la storia della città ricordi. Una giovane madre – Vanessa Lo Porto, di 31 anni, separata da alcuni mesi dal marito – ha trascinato in mare i suoi due bambini, Giuseppe Rosario di 9 anni, e Andrea Pio di appena 2 anni. Sono morti entrambi, inghiottiti dal mare di Manfria. La madre, che voleva morire con loro, si è fatalmente salvata, subendo in tal modo la punizione più atroce di qualsiasi condanna penale.

Fuori di sé, aggredita dalla solitudine e schiacciata dal peso divenuto insopportabile dopo la separazione coniugale, Vanessa Lo Porto non ha retto e il suo equilibrio mentale, minato da tempo da troppi problemi familiari, è divenuto facile preda dello sconvolgimento della ragione. Si è detto che alla base dell’insano gesto della donna sia stato provocato dal timore che il figlio piccolo, come il primogenito, fosse affetto da autismo. Troppo sbrigativo spiegare il tutto con questo. Lo hanno smentito persino i familiari, che hanno hanno piuttosto rimarcato l’attenzione e l’affetto di cui i due piccoli erano sempre circondati. Più probabile che il disperato gesto di Vanessa Lo Porto sia stato l’effetto della deflagrazione devastante in una testa e in un corpo imbottiti di una miscela esplosiva, fatta di solitudine e non solo. Certamente dalla presa d’atto del fallimento totale di una vita ancora giovane e fragile. Troppo fragile per sopportare un tale carico di problemi, forse anche quelli derivanti da tare ereditarie, di cui si è parlato anche in sede di indizi sommari di tipo psichiatrico.

“Nessuno può esprimere giudizi, né condanna, tantomeno puntare il dito. Non sappiamo cosa passa per la mente umana quando si vive un disagio. Sono state dette tante stupidaggini in questa vicenda, viaggiati anche via internet. Bisogna starsene zitti. Il giudizio spetta solo a Dio”.

Sono le parole dure pronunciate durante l’omelia da padre Enzo Romano, il parroco di San Rocco, dove si sono svolti i funerali di Andrea e Giuseppe. “Questi piccoli martiri stanno accanto a Dio. Siamo qui per pregare, non condannare”, ha detto il prete in una affollata chiesa.

La chiesa di San Rocco era già gremita di fedeli, parenti, vicini di casa del quartiere Cantina sociale due ore prima dei funerali. Al centro della sala le due bare bianche. Dentro i corpicini di Giuseppe e Andrea, i fratellini uccisi dalla madre venerdì mattina. Tanti fiori bianchi, come erano bianchi gli abiti talari dei preti: don Enzo Romano, il parroco della chiesa, don Giuseppe Fausciana, don Angelo Strazzanti e don Lino Di Dio. Anche tante autorità.

All'esterno della parrocchia una gigantografia con tanti palloncini bianchi, fatto preparare dai familiari della donna, che ha provocato imbarazzo e qualche polemica sotto voce: raffigura le foto dei due bimbi e la scritta "La nostra mamma ci ha riservato un futuro migliore".

Alla cerimonia c’erano i genitori e i fratelli di Vanessa Lo Porto, Grazia, Morena e Angelo, il marito separato Marco D'Augusta, 38 anni. Assente invece la mamma dei due bimbi che da ieri è agli arresti domiciliari in una clinica di riabilitazione neuro-motoria di Troina, in provincia di Enna. Al di là dei risultati delle indagini che gli investigatori hanno già avviato, resta lo sgomento di una comunità, abituata finora a ben altre morti violente. E la riflessione secondo cui – come scrive Luciano Vullo nel commento qui a fianco – viviamo in una società in preda ad una solitudine di massa, di cui siamo allo stesso tempo vittime e carnefici.

1 commento:

  1. Nessuno può esprimere giudizi, né condanna, tantomeno puntare il dito?

    Io esprimo tutti i giudizi e le condanne che voglio e punto il dito quanto mi pare e piace contro chi voglio!

    Bisogna starsene zitti? Ma cos'è, un ricatto mafioso questo?
    Io parlo quanto mi pare e piace!
    Le stupidaggini le dice questo pretozzo da quattro soldi!

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