È il benzodiazepine la prova più pesante a carico di A. V., un'italiana incensurata di 46 anni, che ora rischia un processo per calunnia, appropriazione indebita consumata e tentata, truffa aggravata, stato di incapacità procurato mediante violenza, lesioni volontarie e danneggiamento. Invece il manager, un 44enne che nel curriculum ha incarichi dirigenziali in una nota azienda del settore edilizio milanese, si è visto invece archiviare l'accusa per violenza sessuale aggravata.
Il giallo finito al vaglio del pm Marco Ghezzi prende il via il 2 febbraio 2009 da due telefonate al 113 e al 118. La donna, che era stata assunta dal manager come assistente personale nella sua nuova società, è stata ritrovata in ufficio, sdraiata sul pavimento, con la camicetta e il reggiseno tagliati. Accanto, un paio di forbici sporche di sangue. I poliziotti trovano il manager nei box dello stabile mentre, in stato confusionale, cerca di aprire la propria macchina con il telefono cellulare, invece che con il telecomando. Con sé ha una borsa di pelle, con l'impugnatura pure sporca di sangue.
La situazione appare subito chiara. La donna dichiara che il capo l'ha violentata, aggredendola con un paio di forbici e palpeggiandola. Partono così le indagini della Procura. Nel frattempo arrivano i risultati del sangue ritrovato sulle forbici e sulla valigetta: è sangue mestruale. Il manager viene interrogato da Ghezzi. Sostiene di non saper spiegare la presenza di benzodiazepine nel suo sangue. Dice di ricordarsi poco del giorno del presunto stupro. L'ultima immagine in testa è quella dell'assistente che gli porta il caffè come tutte le mattine. Forse, argomenta, subito dopo è stato colpito da un attacco ischemico dei quali soffre. Ma è strano, perché in genere sono episodi che durano cinque minuti.
L'accusato intanto scopre gli ammanchi nella società e denuncia la segretaria per truffa aggravata e appropriazione indebita. I primi sospetti li aveva avuti mentre ancora si trovava in ospedale. Dall'ufficio gli avevano detto che la segretaria si era presentata per lavorare al computer. Lui aveva dato l'ordine di farla uscire, ma quando rientra scopre che la donna ha cambiato la password del pc. Saranno poi i periti della Procura a scoprire che l'assistente aveva cancellato tutte le mail con le tracce dei movimenti di denaro dalla società al suo conto corrente.
Secondo il pm , la donna dopo essersi appropriata dei 20mila euro ha sfruttato i problemi di salute del suo capo per procurarsi un alibi. Avendolo visto perdere la cognizione di spazio e tempo a causa degli attacchi ischemici, le è venuta l'idea di drogarlo per poi inscenare lo stupro. Questa ricostruzione sarà valutata il 7 giugno dal gup Chiara Valori.
Purtroppo la realtà è che in quanto donna gode del "vagina vip pass" ovvero il sacrosanto diritto di indulgenza per cui qualsiasi reato benché misero e becero (vedi le madri che uccidono o usano violenza sui PROPRI figli) se commesso da una donna appunto non solo perde inspiegamilmente di gravità, ma da atto ad una serie di contromisure psico-etico-popolari insite nel tessuto sociale che portano a compatire e provare tenerezza per l'imputata ed a ricercare una serie abominevole di attenuanti e giustificazioni in quanto si crede la donna essere puro ed angelicato incapace di commettere reati beceri, perfidi e di ricorrere a violenze e meschinità per raggiungimento dei propri fini delittuosi. Prerogativa Ipso Jure dell'uomo che è l'incarnazione del male per antonomasia.
RispondiEliminaSe questa è una delle grandi conquiste della democrazia, allora io sono nettamente antidemocratico.
Questa è una delle grandi conquiste del femminismo
RispondiEliminauna nuova pagina nel libro nero del femminismo.
RispondiEliminauna nuova pagina nel manuale del femminismo: non usare il sangue mestruale per inscenare falsi stupri