lunedì 31 maggio 2010

S’inventa stupro per vendetta

1 settembre 2006 - Si sono inventate tutto, probabilmente per vendicarsi dell’ex compagno della mamma. Una ragazzina di 14 anni ha accusato ingiustamente un amico di 24, Alessio, incensurato e disoccupato, di avere subito una violenza sessuale. Gli ha fatto fare diciotto giorni di carcere, poi si è scoperto che il giovane era innocente. La ragazzina si era inventata l’intera storia, pare spinta dalla madre, una donna sui cinquant’anni, per inguaiare l’ex compagno, incolpando suo figlio.

Disperata, il 30 luglio scorso la ragazzina aveva denunciato di essere stata stuprata da Alessio. Un reato gravissimo, appunto violenza sessuale ai danni di una minore. Ci sono volute quasi tre settimane per stabilire che quell’accusa era falsa. Accertamenti e referti medici l’hanno smascherata e così il 17 agosto Alessio è stato rilasciato.

La vicenda è trapelata soltanto ieri, quando il giovane ha abbandonato l’Emilia: cercherà di trovare la serenità perduta, in una località che tuttora è segreta.

Accompagnata dalla mamma, la quattordicenne si era presentata qualche settimana fa in una caserma dei carabinieri della provincia di Ferrara. «Mi ha violentata - singhiozzava - è successo a casa nostra».

«Non ho fatto niente - si era difeso Alessio, al momento delle manette - Quelle due si sono inventate tutto. Chiedete alla madre».

Nonostante la sua disperata difesa era stato arrestato e portato nel carcere Sant’Anna, di Ferrara.
Il pm Filippo Di Benedetto ha scavato a fondo nella vicenda, poiché i conti non tornavano, fin dall’inizio. Ha ascoltato una decina di testimoni, che non hanno avvalorato i particolari del racconto della ragazza. Pure la perizia medica e la visita ginecologica non confermavano la violenza sessuale, almeno nelle modalità descritte dalla ragazzina. Inevitabile la scarcerazione di Alessio, che aveva vissuto un incubo. Si farà risarcire, per quei 18 giorni passati dentro, ora vuole soltanto dimenticare. Però si continua a indagare, per capire cosa sia accaduto veramente. Atti di violenza potrebbero esserci stati, ma diversi e indubbiamente più leggeri da quelli esposti nella denuncia. La pista più battuta è che la piccola sia stata convinta dalla madre a raccontare quella versione dei fatti.

Ora entrambe rischiano l’incriminazione per calunnia. D’altra parte la donna ha qualche precedente specifico, proprio in questo senso. Meno di due anni fa venne denunciata per truffa, ma replicò denunciando a sua volta gli agenti della squadra Mobile che l’avevano fermata. I poliziotti avevano solamente applicato la legge, lei s’inventò di avere subito da loro una violenza sessuale. Tutto inventato, allora come forse stavolta.

sabato 29 maggio 2010

La cortina di pizzo, seconda parte

Vorremmo confrontare due articoli del Corriere della Sera riguardanti violenze sessuali. Nel caso in oggetto, il reato sarebbe quello denominato nei paesi anglosassoni statutory rape e che prevede l'instaurarsi di rapporti sessuali tra un adulto ed un minore, a prescindere dal fatto che quest'ultimo sia consenziente o meno. Secondo la legge italiana infatti, una persona di età inferiore ai 14 anni non è in grado di decidere autonomamente e responsabilmente come vivere le proprie esperienze sessuali: onde il configurarsi della fattispecie criminosa, nella quale l'adulto viene visto come un "corruttore" e perseguito penalmente.

Il primo articolo interessa il comico Alessio Saro, accusato di aver fatto sesso con una tredicenne e di conseguenza arrestato e messo in carcere, dove si trova tuttora. In rosso abbiamo evidenziato alcune parti che sarebbe bene il lettore tenesse presente nel confronto tra questo articolo e quello successivo

Seduce 13enne conosciuta su Facebook. Attore 33enne arrestato per stupro

Il comico, noto per il personaggio di «Billy Ballo», ha completamente plagiato la ragazzina invaghita di lui
Milano, 22 maggio 2009 - Si chiama Alessio Saro, ma in arte è «Billy Ballo» e «Neuron», personaggi comici apparsi in vari programmi di Mediaset e AllMusic. È stato arrestato venerdì mattina a Milano con un'accusa molto grave: violenza sessuale su una ragazzina minore di 14 anni, conosciuta su Internet tramite il social network Facebook. L'attore avrebbe approfittato del suo fascino e della sua notorietà per circuire la ragazzina e convincerla a dire bugie ai genitori, per poter fare di lei ciò che voleva. Gli agenti della Squadra Mobile di Milano lo hanno arrestato nel suo appartamento a Sesto San Giovanni (Milano), dove vive da solo.

Lo stupro - Proprio in quell'appartamento è avvenuta anche la violenza sessuale, la notte tra il 6 e il 7 aprile scorso. La ragazzina, invaghita dell'attore, ha accettato il rapporto, ma per legge si tratta comunque di violenza sessuale , perché la minore non aveva raggiunto la cosiddetta «età del consenso» (14 anni).

«Dormo da un'amica» - In Facebook la ragazzina aveva riconosciuto, sotto lo pseudonimo «Neuron», il comico che aveva visto in televisione, noto anche come «Billy Ballo», protagonista di alcuni videoclip trasmessi dal programma di Italia1 «Mai dire martedì» e ripresi nei siti Internet. La 13enne l'aveva contattato ed era entrata in rapporto con lui, dicendogli anche la sua età: ma lui non si è fermato, anzi ha preso accordi per incontrarla. Così c'è stato il primo incontro, al quale la ragazzina è andata mentendo alla madre e raccontandole: «Vado alla festa di una mia amica e poi resto a dormire da lei». Ma invece passò la notte con l'attore, che, secondo l'accusa, ha avuto con lei un rapporto completo. In seguito i dialoghi tra i due, su Facebook, si sono fatti sempre più espliciti: gli investigatori hanno trovato chiare allusioni alla notte trascorsa insieme, tra il 6 e il 7 aprile. Lui le scriveva di tacere, di mantenere il loro segreto, e intanto continuava ad uscire con lei.

Le indagini della madre - Un giorno l'uomo è andato a prendere la ragazzina sotto casa con la sua decappottabile, ma la madre di lei li ha visti e ha telefonato alla figlia. Lui ha detto: «Sono il fratello di una sua compagna di classe, la sto accompagnando da lei», ma la madre non ci ha creduto e ha ordinato alla figlia di tornare a casa. Poi ha cominciato a investigare, scoprendo che la 13enne non aveva mai dormito a casa dell'amica. Attraverso Facebook e parlando con le amichette con cui la ragazzina si era confidata, la madre ha scoperto la relazione; una visita dal ginecologo ha rivelato anche il rapporto sessuale. La madre si è rivolta agli agenti della quarta sezione della squadra Mobile e ha denunciato il 33enne.

Le intercettazioni - A carico di Alessio Saro vi sono anche alcune intercettazioni telefoniche e sms nei quali l'attore istruisce la ragazzina su che cosa raccontare alla madre. Saro, nelle conversazioni e negli sms intercettati, convince la ragazzina a dire agli agenti che l'ha imbrogliato, facendogli credere di avere 18 anni. Le consiglia inoltre di raccontare che, nella notte trascorsa insieme, c'era stato «un solo bacio». A quanto si è saputo, proprio poco prima di essere arrestato l'attore stava nuovamente invitando la ragazzina a uscire con lui. Nell'ordine di custodia cautelare eseguito dagli uomini della Squadra Mobile della Questura di Milano, l'arrestato è definito «persona in preda a irrefrenabili impulsi sessuali» nei confronti di «persone molto giovani e perciò solo sicuramente indifese». Nell'audizione protetta la minorenne ha difeso l'uomo, del quale è evidentemente infatuata, riferendo fatti completamente falsi e concordati con lui. Alessio Saro è stato quindi arrestato. La richiesta di arresto del pm Ada Mazzarelli e del carcere disposto dal gip Mariolina Panasiti [entrambe donne, ndr] è motivata dal pericolo di reiterazione del reato e, soprattutto, di inquinamento delle prove.
Il secondo riguarda invece una donna accusata dello stesso identico reato, rimasta anonima e poi posta agli arresti domiciliari due giorni dopo: un'educatrice accusata di aver fatto sesso con un tredicenne. Si noti che nell'articolo non compare una sola volta la parola "stupro"

Rapporti sessuali con un tredicenne. Arrestata assistente sociale

I carabinieri, dopo la denuncia della madre, hanno scoperto la trentenne in intimità col ragazzino
Milano, 22 luglio 2009 - Un'assistente sociale di 30 anni è stata arrestata dai carabinieri di Milano con l'accusa di violenza sessuale: ha intrattenuto rapporti sessuali con un ragazzino di 13 anni, che doveva seguire negli studi. A denunciare la donna è stata la madre del ragazzino, che aveva intuito grazie ad alcuni sms come il rapporto tra l'insegnante e l'allievo si fosse trasformato in una relazione. I carabinieri hanno scoperto i due in intimità nell'abitazione del ragazzo. Il Comune di Milano, appresa la vicenda, ha sospeso in via cautelare i rapporti con la cooperativa per la quale lavorava l'educatrice in questione. Il contratto riguardava l'assistenza domiciliare dei minori con disagio psichico.

L'età del consenso - Ai carabinieri l'adolescente, che fra poco compirà 14 anni, ha spiegato che i rapporti sessuali avvenivano col suo consenso. La donna però è stata arrestata lo stesso: anche se il minore è consenziente, la legge ritiene violenza sessuale i rapporti con adolescenti che non hanno ancora compiuto 14 anni, e per di più l'età del consenso sale a 16 anni se la persona adulta in causa ha qualche forma di autorità sul minore oppure vive nella stessa casa. Questa norma si applica per esempio a insegnanti, catechisti, educatori, fratelli maggiori, assistenti sociali (come appunto in questo caso), medici, pubblici ufficiali. L'età del consenso sale ulteriormente a 18 anni se il fatto è commesso da un genitore (anche adottivo), da un ascendente, da un convivente di questi ultimi o dal tutore.

Sms rivelatori - È stata la madre dell'adolescente, afflitto da problemi di adattamento, a insospettirsi: ha infatti trovato sul telefonino cellulare del figlio alcuni messaggi sms che inequivocabilmente lasciavano intendere una relazione intima tra lui e l'assistente sociale. Nella giornata di martedì, mentre l'educatrice era nella casa del suo assistito, è così scattato il blitz dei carabinieri, che hanno bloccato la donna in atteggiamenti sconvenienti con il minore.

Sospesa la cooperativa - Il Comune di Milano ha deciso di sospendere cautelarmente il contratto di affidamento ai servizi di assistenza domiciliare alla cooperativa Diapason, e ha già annunciato di volersi costituire parte civile nel procedimento che sarà istruito. La cooperativa da anni aveva una convenzione con il Comune di Milano per l'affidamento dei servizi di assistenza domiciliare e recentemente aveva ottenuto l'accreditamento dal settore Politiche Sociali di Palazzo Marino. «Sono sconvolta e addolorata - ha affermato l'assessore alle Politiche Sociali Mariolina Moioli - e ho già dato mandato ai miei direttori di rescindere ogni contratto con la cooperativa, visto che è la cooperativa che fornisce al Comune ogni garanzia sui propri operatori». L'assessore ha inoltre annunciato di essersi già messa in contatto con l'avvocatura di Palazzo Marino per far sì che l'amministrazione possa figurare come parte lesa nel procedimento giudiziario aperto contro l'assistente sociale. «Ho già attivato i servizi sociali - ha concluso Mariolina Moioli - per dare tutto il supporto psicologico alla famiglia del ragazzo».

giovedì 27 maggio 2010

Stipendi, è quasi parità tra uomini e donne

Vorremmo rispondere a quanti accusano questo blog di maschilismo pubblicando un articolo sulla discriminazione femminile in ambito lavorativo. Ebbene, noi diciamo che la discriminazione esiste ma, contrariamente a quanto i mass media vorrebbero far credere, non è conseguenza di presunte politiche sessiste da parte dei datori di lavoro, o almeno non necessariamente. A questo proposito, pubblichiamo uno spezzone di un articolo del Corriere della Sera del 19/06/2009 contenente l'intervista ad una ricercatrice dell'osservatorio sulla Gestione della diversità dell'Università Bocconi che ha collaborato alla stesura di una statistica sugli stipendi in Italia
Contrordine, le donne non sono meno pagate degli uomini. Guadagnano un po' meno - un pizzico, uno zic, un qb - ma le discriminazioni vere sono un'altra cosa. Perché alla fine il taglio alle buste paga rosa si ferma al 2%. Soldi veri, è chiaro. Che potrebbero comprare un rossetto, un pannolino, un biglietto per il cinema in più. Ma pur sempre una penalizzazione più contenuta rispetto al meno 7% stimato dall'Istat nel 2007, al meno 17% valutato da Unioncamere nel 2008, al taglio dell'8,75% annunciato dall'Isfol nel 2009 o al meno 16% accertato, sempre quest'anno, dall'Eurispes.

Quadri rosa più penalizzati

La stima del meno 2% è dell'osservatorio sulla Gestione della diversità dell'Università Bocconi in collaborazione con Hay group. Lo studio completo sarà presentato martedì prossimo a Milano. «La novità è che non ci siamo fermati a valutare la differenza tra lo stipendio medio delle donne e quello degli uomini, ma siamo andati a vedere quanto guadagnano esattamente un uomo e una donna a parità di qualifica, mansione, inquadramento, anzianità di servizio», racconta Simona Cuomo, coordinatrice dell'Osservatorio.
Ecco il risultato: le impiegate portano a casa, in media, l'1,9% in meno, i quadri rosa il 3,6%, le dirigenti il 3%. Il 2% è una media pesata tra tutte le categorie (tantissime le impiegate, una minoranza le dirigenti).

Segregazione strisciante

I discorsi sulle retribuzioni delle donne potrebbero finire qui. Con un semplice «il problema non esiste». «È vero, la nostra indagine ridimensiona la questione del divario retributivo legato al sesso. Ma nello stesso tempo mette il dito su un altro problema. Il problema, direi» puntualizza Cuomo «è che le donne sono inserite nel mercato del lavoro a livelli bassi. Sono soltanto il 13% dei dirigenti, per capirci. E poi si trovano nelle funzioni meno pagate, l'amministrazione per esempio». La prova? «Viene ancora dalle buste paga» puntualizza Cuomo «se si prende il monte delle retribuzioni femminili lorde (compresa la parte variabile) e lo si divide per il numero delle lavoratrici si scopre che, in media, gli stipendi delle donne sono più bassi del 25,2%. E questo perché le signore sono tutte concentrate nelle posizioni meno pagate».
Il monte delle retribuzioni rosa è più basso del 25% rispetto a quello maschile dunque perché le signore sono concentrate nelle posizioni meno pagate, non perché sono pagate meno a parità di qualifica. In quel caso, il gap è insignificante. Questo per fornire una visione più realistica di quello che accade realmente. Il motivo potrebbe essere ad esempio che molte, dovendo accudire i figli, lavorano part-time e quindi guadagnano meno. Oppure che hanno una preparazione meno competitiva rispetto a quella dei maschi. Ma non è assolutamente vero che sono discriminate nel senso che guadagnano meno a parità di mansione come vorrebbero far credere i gruppi femministi. In questo senso, le norme in Italia come nel resto d'Europa garantiscono equità nelle retribuzioni, a prescindere dal sesso.

mercoledì 26 maggio 2010

Sono solo un papà: parla il padre accusato di pedofilia

Intervista al padre arrestato in Brasile per pedofilia, dopo il suo rilascio
“Io sono un padre che vuole bene a una figlia, che vive per la figlia, che adora la figlia, da padre”. Così l'imprenditore italiano accusato di pedofilia in Brasile ha spiegato ai microfoni di Mattino Cinque la terribile vicenda di cui è stato protagonista. “Mia figlia è molto affettuosa - ha spiegato - Mi dà i bacetti, mi salta al collo, ma sono sempre baci tra padre e figlia, niente di più. Le altre cose che sono state dette non esistono”.

“Era il primo settembre, ed era il nostro penultimo giorno di mare - ha proseguito, ricostruendo quanto è accaduto - Doveva essere un giorno di mare come tutti gli altri, e invece siamo arrivati allo stabilimento e quella mattina sono andato in piscina perché durante tutto il mese che ero stato lì non ero mai andato in piscina con i bambini. I bambini erano in due perché io e mia moglie eravamo in compagnia di un’altra famiglia di amici”.

“Quella mattina io, mia figlia e questo bambino di otto anni siamo andati in piscina: eravamo in acqua, abbiamo giocato, mi saltava sulle spalle e faceva i tuffi. All’ora di pranzo siamo andati a mangiare, poi io sono rimasto all’ombrellone e gli altri sono andati in piscina. Poi, intorno alle ore 15.30, sono tornato in piscina per stare ancora una mezz’oretta con loro e c’era anche mia moglie; poi lei si è allontanata per andare a pagare il conto e noi siamo rimasti in piscina e giocare ancora un po'”.

“Poi sono uscito dalla piscina con la bambina per mano per andare verso l’uscita dello stabilimento, e quando eravamo in prossimità dell’uscita, la bambina con l'altro bambino erano rimasti un po' indietro, all’improvviso sono intervenute due persone della sicurezza, si sono avvicinati ai bambini e hanno iniziato a far loro delle domande. A quel punto sono tornato indietro per chiedere cosa fosse successo, e loro mi hanno chiesto i documenti e se ero il padre della bambina, e poi siamo andati via. Quando è arrivata mia moglie le ho spiegato cosa era successo e lei è andata subito a parlare con queste persone per capire cosa era successo”.

Poi si è ritrovato in carcere. “Nei primi momenti mi veniva da ridere. Per me era una cosa assurda. Anzi ero molto tranquillo e pensavo che dato che la bambina ha la carnagione molto più scura di me, pensavo che si trattasse di un equivoco e una volta spiegata la situazione, e cioè che io ero il padre biologico della bambina, tutto si sarebbe chiarito e mi avrebbero lasciato andare. E invece mi hanno messo in galera. Ma per i primi giorni ero tranquillo perché avevo la coscienza a posto e pensavo che la situazione si sarebbe risolta già la mattina dopo, una volta portati i documenti”.

L'imprenditore italiano è sposato con la moglie brasiliana da undici anni. “Io sono molto affezionato a mia figlia anche perché io è mia moglie abbiamo perso tre figlie: le prime due erano gemelle, nate il 17 gennaio 1999 all’ospedale Gemelli, e la sfortuna ha voluto che quel giorno in ospedale non ci fossero culle per i bambini prematuri, perciò sono nate lì e poi una me l’hanno portata a San Giovanni e l’altra al Policlinico di Roma. La bambina che era ricoverata al Policlinico ha vissuto tre giorni, mentre l’altra 20 giorni. Adesso questa bambina è tutta la mia vita...”, ha spiegato.

Alla bimba, per ora, non ha trovato il coraggio di raccontarle quanto è successo veramente. “Le ho detto che ero stato male ed ero in ospedale - ha detto - Io non riesco ancora a ritornare alla vita normale”. Per la coppia che l'ha accusato non prova però rancore. “Mi hanno accusato per un preconcetto, perché un uomo bianco con una bambina un po’ più scura di carnagione… purtroppo là il problema esiste”.

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martedì 25 maggio 2010

Bugiarda seriale: un uomo si suicida, l'altro viene scagionato dopo un processo di 45 minuti

Una bugiarda le cui false denunce di stupro hanno provocato il suicidio di un uomo ha riproposto le sue accuse nei confronti di un 27enne

25 maggio 2010, UK - Le conseguenze delle false denunce della donna sono emerse dopo che il secondo uomo è stato scagionato dall'accusa di stupro da una giuria in soli 45 minuti, in un procedimento costato 30mila sterline. Ma nonostante sia ormai stata identificata dalla corte come una bugiarda seriale, il nome della 21enne non sarà mai svelato. Fonti legali dicono anche che molto poco probabilmente verrà perseguita per spergiuro.

Olumide Fadayomi, 27, è stato arrestato e sottoposto a mesi di inferno carcerario e legale prima del processo tenutosi presso la Sheffield Crown Court, dove il calvario ha avuto finalmente termine. La giuria non ha creduto alla storia della donna e lo ha dichiarato non colpevole. Il giudice Patrick Robertshaw ha biasimato la procura per aver portato in tribunale un caso “che non avrebbe mai dovuto essere presentato a una corte per il solo fatto che una donna lo aveva chiesto”.

“L'evidenza non prova, e non ha mai provato, lo stupro.” prosegue il giudice “L'unica motivazione addotta dalla procura a favore di questo procedimento è stata che la donna lo desiderava. Mi pare un po' poco. Ed è piuttosto stupefacente che queste decisioni siano prese da chi non ha la più vaga idea di quello che succede in una Corte della Corona”.

Molti hanno pianto dopo aver saputo delle conseguenze prodotte dalle sue bugie su un altro uomo. Il giudice ha rivelato come 18 mesi prima la stessa donna avesse prodotto un'accusa di violenza sessuale nei confronti di una persona che per questo si è suicidata in carcere. Alla fine la denuncia non ha mai raggiunto il tribunale per mancanza assoluta di credibilità.

Garantire l'anonimato

Il nuovo governo di David Cameron intende reintrodurre l'anonimato per i violentatori fino alla sentenza di colpevolezza, onde evitare che la vita di persone innocenti possa essere irrimediabilmente rovinata da false accuse. Secca la replica di Women Against Rape che, attraverso la sua portavoce Ruth Hall, dichiara “Dovrebbero prestare più attenzione al 94% dei casi riportati che non finiscono in sentenze di colpevolezza [cosa che costituirebbe effettivamente un problema solo postulando che tutte le donne che producono false accuse dicono la verità ndr] piuttosto che a quelle poche che risultano false [anche se fossero effettivamente poche, non sarebbe un buon motivo per ignorare il problema ndr]. Tutto ciò supporta la tesi che le donne fanno solo false accuse [notare il rigore logico con la quale viene fatta quest'ultima affermazione ndr]”. Probabilmente la signora Hall, nel fare le sue esternazioni, dovrebbe cercare di liberarsi del preconcetto secondo cui la donna ha ragione a prescindere o sbaglio? Perché non garantire l'anonimato, nel rispetto del principio costituzionale della presunzione di innocenza fino a sentenza comminata, agli accusati di stupro? Forse perché si tratta dell'unica fattispecie di reato per cui vale la presunzione di colpevolezza, in base a cui si è colpevoli non appena se ne esce la poverina di turno con le sue accuse? Noi facciamo notare che il preconcetto è diffuso, molto diffuso anche tra procure, periti e giudici. Ed è per questo che a volte, qualcuno ci rimette la vita.

lunedì 24 maggio 2010

Bacia la figlia di 8 anni, italiano arrestato in Brasile

4 settembre 2009, Brasile - Un turista italiano di 40 anni che, mentre si trovava nella spiaggia di Fortaleza, stato di Cearà, nel nord est del Paese, con la moglie brasiliana, ha baciato la figlia di otto anni sulla bocca e le ha fatto delle carezze è stato arrestato martedì scorso. Lo ha reso noto oggi il suo legale Flavio Giacinto a "Folha online", il sito internet del quotidiano Folha de S.Paulo. «Il mio cliente è stato vittima di un errore grossolano» ha specificato il legale, precisando che il suo difeso è tuttora in carcere e che sta aspettando di conoscere gli atti per analizzare qual è il miglior modo per ottenerne la libertà. Secondo l’avvocato, l’arresto del turista italiano è avvenuto «a causa della irresponsabilità di una persona che non sapeva che era il padre della bambina». Il legale ha anche assicurato che sua moglie, una brasiliana con cui è sposato da 12 anni, e che si trovava con lui a Fortaleza per visitare i suoi parenti, «è in stato di shock» per l’arresto del marito.

Il turista italiano è stato arrestato in base alla nuova legge sulla violenza sessuale, che assimila l’abuso con la violenza vera e propria. Lo ha specificato al canale tv Globo José Barbosa Filho, responsabile del commissariato di polizia di Aldeota, la località balneare nei pressi di Fortaleza, dove è stato detenuto mentre, insieme alla figlia e alla moglie, si trovava nella piscina di un bar della spiaggia. La denuncia è stata presentata da una coppia che si trovava a pochi passi da loro. Secondo Globo la bambina è stata interrogata da poliziotte del Commissariato per i minorenni e ha detto loro che, in Italia, i baci sulla bocca tra genitori e figli sono comuni. Allo stesso canale televisivo, Flavio Giacinto Silva, il legale del turista, ha assicurato che il commissario che ha accolto la denuncia non ha verificato quanto è accaduto. Il legale ha anche sottolineato che l’italiano trascorre le vacanze ad Aldeota da 12 anni e frequenta sempre lo stesso bar della spiaggia, chiamato CrocoBeach.

sabato 22 maggio 2010

Torino: incinta ma non smette di rubare, il pancione la salva dalla galera

21 maggio 2010, Torino - Nemmeno il pancione ha fatto desistere Bisa Salic, ragazza nomade di 21 anni originaria di Belgrado, dal razziare un appartamento di piazza Chironi. La donna, che è all’ottavo mese di gravidanza, ieri mattina si è introdotta in un alloggio al quarto piano di un edificio in ristrutturazione, con lei c’era una ragazzina di soli 15 anni, anche lei nomade.

Scassinata la porta con dei cacciaviti, si sono date al saccheggio: gioielli, orologi, banconote in euro e in dollari, addirittura un hard disk esterno. Sfortunatamente per loro, durante il colpo hanno attirato l’attenzione degli operai che da tre mesi lavorano nel palazzo, i quali - vedendole sbucare dall’appartamento - hanno prontamente avvisato il 113 e si sono messi di fronte all’ingresso per bloccarle.

Le due nomadi, anziché tentare la fuga, hanno affrontato i muratori a muso duro: pugni, calci e schiaffi in pieno volto. Solo l’arrivo degli agenti del commissariato San Paolo ha interrotto il parapiglia. Dopo aver recuperato la refurtiva, i poliziotti hanno arrestato Bisa Salic, che ha diversi precedenti per furto, con l’accusa di rapina impropria, mentre la ragazzina minorenne è stata indagata a piede libero e affidata alla madre. Il pubblico ministero che ha coordinato le indagini, Marcello Maresca, ha disposto che la Salic, pur arrestata a tutti gli effetti, non venisse portata in carcere, bensì nel campo nomadi di strada Aeroporto, dove ha l’obbligo di rimanere. Questo per via della sua gravidanza in fase avanzata e perché la donna è madre di una bambina di 2 anni.

Una scelta obbligata quella del magistrato: la legge infatti prevede che le madri con figli al di sotto dei tre anni non possano essere sottoposte al regime di custodia in carcere. Precedenti interessanti: nell’aprile 2009 Surla, una zingara di origini bosniache, scontò gli arresti domiciliari su un furgone Ducato posteggiato in strada Bandina a Moncalieri. Motivo: il consistente numero di figli cui badare, addirittura 10. Anche la rom di 18 anni, arrestata dai carabinieri nell’ottobre 2007 per aver svaligiato un appartamento a San Maurizio Canavese, evitò il carcere grazie al suo pancione. Incredibile ma vero, la ragazza aveva prenotato un parto cesareo all’ospedale Martini, infatti, meno di 24 ore dopo l’arresto, era in sala operatoria a partorire.

Giovani scassinatrici di alloggi che evitano il carcere grazie alla gravidanza, proprio come nel celebre film di Vittorio De Sica “Ieri, oggi e domani”, dove la venditrice di sigarette di contrabbando Adelina - interpretata da Sofia Loren - sforna figli a ripetizione pur di non finire in galera.

venerdì 21 maggio 2010

Aveva accusato un uomo di violenza sessuale, poi aveva ritrattato. Scicli, indagata la presunta vittima per calunnia

29 aprile 2010, Scicli - La scarcerazione dopo 35 giorni di carcere non ha messo fine alla vicenda che ha interessato lo sciclitano Vincenzo Sinacciolo, arrestato nella prima decade di novembre dai carabinieri con la pesante accusa di violenza sessuale nei confronti di una ragazza. Quest’ultima, che dopo circa un mese aveva ritrattato tutto, sostenendo che il rapporto intimo fu consenziente, è stata indagata per calunnia, per cui è in corso un procedimento nei suoi confronti. Intanto è stata nominata una curatrice speciale, che è l’avvocato Gabriella Olivieri, la quale a sua volta dovrà nominare un difensore.

L’uomo, difeso dall’avvocato Pino Pitrolo, fu arrestato dopo la denuncia presentata presso il Commissariato di Polizia di Modica dal padre di una sedicenne secondo il quale la minore aveva subito la violenza sessuale ad opera di un lontano parente che era l’indagato. La giovane, conseguentemente, fu sentita alla presenza di un assistente sociale. La Procura della Repubblica di aveva così disposto il fermo di indiziato di delitto nei confronti dello sciclitano contestandogli il reato di violenza sessuale su minore, minaccia e spaccio di sostanza stupefacente. La ragazza, dal canto suo, dopo avere raccontato come stavano nella realtà i fatti, era stata risentita dagli inquirenti ai quali aveva riferito che l’atto sessuale ci fu ma consensuale, dunque senza violenza.

“Aveva paura di rivelarlo – ha giustificato il 38enne – per le conseguenze che avrebbe avuto nei rapporti con la famiglia. Lei, però, continua a mentire. Per come avrò modo di provare, non è vero che io abbia avuto alcuna relazione, alcun rapporto, neppure consensuale con la ragazza. Quest’ultima ha dimostrato di essere brava a mentire”. Nei primi giorni di giugno sarà sentita la consulente e la giovane.

giovedì 20 maggio 2010

Finì in carcere per errore, operaio risarcito dopo 5 anni

Rovigo, 3 giugno 2009 - È finito in carcere per una settimana con la pesante accusa di tentata violenza sessuale nei confronti dell’ex convivente e agli arresti domiciliari per un mese. Giorni e giorni senza poter uscire di casa nonostante la certezza di essere stato accusato ingiustamente ma con la ferma convinzione di dimostrare la propria innocenza.

Una tenacia che, alla fine, lo ha premiato. Un operaio 57enne originario di Napoli ma residente a Rovigo, ha infatti ottenuto 10mila euro di risarcimento per ingiusta detenzione dopo essere riuscito a dimostrare la propria estraneità ai fatti, venendo quindi assolto dal tribunale di Rovigo.

La vicenda risale al 7 agosto 2004 quando il 57enne finì in manette in seguito a una denuncia presentata dalla donna, una 54enne originaria di Potenza, che sostenne davanti agli inquirenti che l’operaio aveva fatto irruzione in casa sua minacciandola e picchiandola.

Ma non è tutto. La donna, infatti, riferì che l’ex convivente aveva anche cercato di abusare di lei. Accuse e dichiarazioni che, in un primo momento, sembrarono attendibili spingendo gli inquirenti a procedere con l’arresto.

L’uomo, però, non si arrese e decise di ottenere giustizia affidandosi all’avvocato Enrico Cappato che ha smontato, pezzo dopo pezzo, l’impianto accusatorio. Le indagini hanno infatti permesso di appurare che la storia tra i due, dopo qualche tempo di felicità, si era chiusa nel peggiore dei modi, con momenti di tensione e litigate arrivate al culmine quando l’operaio ha deciso di rifarsi una vita con un’altra donna.

È a quel punto che la storia si è complicata ancora di più con l’ex convivente che avrebbe iniziato a scrivere lettere minatorie alla nuova compagna dell’operaio. Lettere firmate per far sapere a quella che evidentemente era una rivale che l’avrebbe pagata e che sarebbe presto arrivato "un bel regalo". Poi per il 57enne arrivò la denuncia di tentata violenza sessuale e l’arresto che sicuramente l'operaio ricorderà come uno dei periodi più brutti della sua vita.

mercoledì 19 maggio 2010

Sant'Anna, giovane assolto dall'accusa di violenza sessuale

23 gennaio 2009, Cagliari - Era stato arrestato dai carabinieri all'inizio della scorsa estate davanti a una discoteca di Porto Pino, località turistica nel Comune di Sant'Anna Arresi. Una ragazzina di 15 anni, in lacrime, aveva raccontato ai militari di essere stata violentata in spiaggia, poco prima.

Ma Emanuele Uccheddu, 19 anni di Masainas, è stato assolto dai giudici del Tribunale di Cagliari dall'infamante accusa. Secondo il tribunale il giovane avrebbe ignorato che la ragazza, con la quale intratteneva un rapporto, fosse minorenne e, inoltre, la stessa sarebbe stata consenziente. Il giudice ha disposto anche la trasmissione degli atti alla procura dei minorenni: la ragazza rischia un'incriminazione per calunnia.

martedì 18 maggio 2010

La situazione in Spagna: la Legge Integrale sulla Violenza di Genere

Bibiana Aído
Riportiamo qui alcune testimonianze riguardanti l'attuale situazione in Spagna per quello che riguarda le accuse strumentali. Pare infatti che la nuova Legge Integrale sulla Violenza di Genere costituisca un vero e proprio abuso delle garanzie fondamentali che uno stato democratico dovrebbe fornire ai cittadini: numerosi arresti arbitrari senza alcun fondamento probatorio che non fossero le dichiarazioni di una presunta vittima sono stati infatti eseguiti come conseguenza di questa nuova normativa. Lo stesso dicasi per le condanne. Un sistema in cui si sarebbe trovato a suo agio il PM Pietro Forno e i suoi colleghi del CISMAI.

Il giudice decano di Barcellona, Maria Sanahuja, dice: «la Legge Integrale sulla Violenza di Genere [varata dalla ministra per le pari opportunità (2008-attuale) Bibiana Aído, ndr] costituisce una disgustosa violazione dei diritti fondamentali in Spagna. Si è creata una specie di follia nella legge, che crea l'abuso, la distruzione dell'onere della prova durante il processo e l'assenza della presunzione d'innocenza». Il Giudice Francisco Serrano Castro aggiunge: «uomini sono stati arrestati per il solo fatto di essere uomini, dopo una denuncia di abuso. Quante donne sono state arrestate per falsa denuncia? Nessuna. In privato, i politici mi dicono che ho ragione, ma che non lo possono dire pubblicamente».

lunedì 17 maggio 2010

Bologna, dodicenne si inventa lo stupro

23 settembre 2006, Anzola (BO) - Nessuna violenza del branco, nessun nuovo allarme stupri, nessuna caccia all’immigrato, anzi: un ragazzo marocchino di 21 anni rilasciato con tante scuse dai carabinieri. Si era inventata tutto la ragazzina di 12 anni di Anzola Emilia, piccolo paese a 15 chilometri da Bologna, che giovedì aveva denunciato di essere stata costretta a subire degli atti sessuali da un gruppo di giovani in un parco pubblico.

Invece si era appartata nel parco con il suo "fidanzatino" 14enne, ma è stata vista amoreggiare dalle compagne, che forse l’hanno immortalata con i telefonini. E per paura che riferissero tutto alla madre, la paura di una bambina che voleva fare la grande, ha inventato la violenza, ha inventato il branco, la lametta che le rasava le parti intime, mettendo i carabinieri sulle tracce di quel ragazzo straniero incrociato qualche ora prima davanti a un bar del paese, che le era rimasto impresso per quella maglietta nera griffata D&G. Così Medhi, marocchino di 21 anni, fornaio con regolare permesso di soggiorno, da tre anni in Italia insieme alla famiglia e bene integrato, tanto da avere una ragazza italiana, è stato trattenuto dai carabinieri in caserma, in cella di sicurezza, per undici ore, fino alle quattro di notte, prima di verificarne l’alibi, confermato da amici e conoscenti.

«Mia figlia alterna momenti in cui sembra star bene ad altri in cui si mostra assente», ha detto la madre della ragazzina, ancora ricoverata all’ospedale Maggiore di Bologna. La donna ha glissato sui motivi che hanno spinto la figlia a inventarsi la violenza, cosa che non ha voluto confermare, e si è limitata a dire che se il giovane «risulterà davvero estraneo, sarebbe giusto chiedergli scusa». La giovane, intanto, è stata segnalata al tribunale dei minori di Bologna ma, data l’età, non è imputabile di calunnia. Intanto il sindaco di Anzola ds Loris Ropa si è precipitato ad annullare l’immancabile fiaccolata di solidarietà che aveva annunciato in tutta fretta.

domenica 16 maggio 2010

Si vendica del suo ex-ragazzo facendolo arrestare con una falsa accusa di stupro: niente carcere

29 aprile 2010, Scozia - Ha tentato di mandare in carcere per molti anni il suo ex-ragazzo sostenendo di essere stata da lui aggredita sessualmente, ma è stata smascherata. Il giudice tuttavia non l'ha spedita in prigione, condannandola solo a scontare 200 ore di servizio in comunità. Questo ci ricorda molto un altro episodio, e la dice lunga sul clima di impunità che regna per queste calunniatrici.

Dopo una lite notturna con la sua ex-ragazza nella quale è stato aggredito, Ian Carmichael è tornato a casa dove è stato arrestato dalla polizia. La ex infatti lo aveva nel frattempo denunciato per aver tentato di violentarla sotto la minaccia di un coltello: per rendere più veritiera la sua versione, si era anche tagliuzzata il viso con una lama che aveva poi gettato in un giardino vicino.

Il ragazzo è stato detenuto finché un medico non ha accertato che quei tagli erano palesemente autoinflitti e la giovane non è stata costretta a confessare le falsità da lei dichiarate.

Il giudice l'ha condannata a 200 ore di servizio socialmente utile, affermando di non averle inflitto una pena detentiva "per un soffio". Strano però che queste bugiarde la scampino sempre "per un soffio".

sabato 15 maggio 2010

Ancora un falso stupro

Laurel Bay, Stati Uniti - Per più di due mesi, il Servizio Investigativo Criminale della Marina ha investigato sul presunto stupro di una donna nella sua casa di Laurel Bay, occorso il 2 febbraio, arrestando un marine che è stato poi rilasciato dopo un mese di detenzione una volta appurato che le dichiarazioni della donna erano false.

L'uomo è stato ristretto tre giorni dopo la dichiarazione da parte della donna, rimasta anonima, e accusato di violenza sessuale e violazione di domicilio. Il marine è rimasto detenuto per più di un mese, e rilasciato solo quando le prove del DNA prelevate dalla scena del presunto stupro hanno dato riscontro negativo. Di nuovo, un arresto è stato fatto solo sulla base delle dichiarazioni di una donna e solo dopo un fortuito riscontro negativo è stato possibile scagionare un uomo da accuse infondate. Presunzione di colpevolezza.

Il caso è stato passato alla procura distrettuale, che valuterà se perseguire la donna per aver fornito false dichiarazioni.

venerdì 14 maggio 2010

Droga e finto stupro per incastrare il capo indagata a Milano la segretaria di 46 anni

Se non fosse stato per il potente psicofarmaco trovato nel suo sangue, un importante manager milanese sarebbe finito in carcere per anni con una pesantissima condanna per violenza sessuale. Ma quell'imprevisto ricovero in ospedale gli ha salvato la vita e la reputazione, svelando il complotto ordito dalla sua assistente personale per sottrargli circa 20mila euro e poi scappare.

È il benzodiazepine la prova più pesante a carico di A. V., un'italiana incensurata di 46 anni, che ora rischia un processo per calunnia, appropriazione indebita consumata e tentata, truffa aggravata, stato di incapacità procurato mediante violenza, lesioni volontarie e danneggiamento. Invece il manager, un 44enne che nel curriculum ha incarichi dirigenziali in una nota azienda del settore edilizio milanese, si è visto invece archiviare l'accusa per violenza sessuale aggravata.

Il giallo finito al vaglio del pm Marco Ghezzi prende il via il 2 febbraio 2009 da due telefonate al 113 e al 118. La donna, che era stata assunta dal manager come assistente personale nella sua nuova società, è stata ritrovata in ufficio, sdraiata sul pavimento, con la camicetta e il reggiseno tagliati. Accanto, un paio di forbici sporche di sangue. I poliziotti trovano il manager nei box dello stabile mentre, in stato confusionale, cerca di aprire la propria macchina con il telefono cellulare, invece che con il telecomando. Con sé ha una borsa di pelle, con l'impugnatura pure sporca di sangue.


La situazione appare subito chiara. La donna dichiara che il capo l'ha violentata, aggredendola con un paio di forbici e palpeggiandola. Partono così le indagini della Procura. Nel frattempo arrivano i risultati del sangue ritrovato sulle forbici e sulla valigetta: è sangue mestruale. Il manager viene interrogato da Ghezzi. Sostiene di non saper spiegare la presenza di benzodiazepine nel suo sangue. Dice di ricordarsi poco del giorno del presunto stupro. L'ultima immagine in testa è quella dell'assistente che gli porta il caffè come tutte le mattine. Forse, argomenta, subito dopo è stato colpito da un attacco ischemico dei quali soffre. Ma è strano, perché in genere sono episodi che durano cinque minuti.

L'accusato intanto scopre gli ammanchi nella società e denuncia la segretaria per truffa aggravata e appropriazione indebita. I primi sospetti li aveva avuti mentre ancora si trovava in ospedale. Dall'ufficio gli avevano detto che la segretaria si era presentata per lavorare al computer. Lui aveva dato l'ordine di farla uscire, ma quando rientra scopre che la donna ha cambiato la password del pc. Saranno poi i periti della Procura a scoprire che l'assistente aveva cancellato tutte le mail con le tracce dei movimenti di denaro dalla società al suo conto corrente.

Secondo il pm , la donna dopo essersi appropriata dei 20mila euro ha sfruttato i problemi di salute del suo capo per procurarsi un alibi. Avendolo visto perdere la cognizione di spazio e tempo a causa degli attacchi ischemici, le è venuta l'idea di drogarlo per poi inscenare lo stupro. Questa ricostruzione sarà valutata il 7 giugno dal gup Chiara Valori.

giovedì 6 maggio 2010

DDL Affido Condiviso Bis, parte 2

(continua da...) Pure la sindrome da alienazione parentale viene aggredita, sottolineandone la peculiarità di non essere stata riconosciuta dalla comunità psichiatrica
inventata e brandita in America dai movimenti dei padri separati e adottata in Italia come strumento di opposizione a qualunque denuncia di violenza da parte di donne e bambini. Praticamente accade che una donna che ha denunciato il suo ex marito per violenza rischia di perdere l'affido di suo figlio perché secondo la norma che vorrebbero introdurre questo costituirebbe un motivo di condizionamento del minore, come se il minore non fosse in grado di farsi una sua opinione ogni volta che vede suo padre picchiare la donna che l'ha partorito. Accade anche che se la donna sostiene il figlio che denuncia di aver subito una violenza da padre anche in questo caso rischia di perdere l'affido del bambino perché tacciata ancora di condizionamento del minore
sarebbe comunque da leggere tutto l'articolo, per constatare a che punto l'arma del vittimismo viene sfoderata per mistificare la realtà. In pratica si adotta lo stratagemma di "analizzare" i provvedimenti legislativi solo ed esclusivamente dal punto di vista della donna vittima, presupponendo che la donna sia sempre e comunque una vittima (e l'uomo carnefice), per suscitare pietà e trainare a sé non solo il supporto delle "sorelle" ma anche quello di uomini dalla mente debole che si fanno condizionare da simili sentimentalismi. Il tutto a costituire una vera e propria truffa psicologica, che si somma a tutto il sistema costituito da statistiche e dati inventati di sana pianta e finalizzato all'acquisizione di ulteriori privilegi per loro stesse. Come giustamente osserva la ex presidente del GESEF
Le donne fanno un uso spudorato della protezione accordata e dei vantaggi connessi, ma non ringraziano. Sanno benissimo che il vittimismo è un potere ricattatorio formidabile, perché occulto e inattaccabile e non nutrono alcun rispetto verso chi glielo cuce addosso per arraffare un potere manifesto. Sono del tutto consapevoli che quelli di cui godono non sono diritti e pari opportunità conquistati lealmente ma privilegi, ottenuti mistificando la realtà e sbaragliando il ‘NEMICO’ – l’intero genere maschile, con un’annosa campagna di demonizzazione e criminalizzazione spietata. A colpi di leggi, normative, giurisprudenza anticostituzionale che calpestano sistematicamente i diritti altrui